– di Antonio Trentin –
Bologna la Rossa (nota così per via dei suoi tetti) li ha come sfogo naturalistico preferito, disponibili a pochi minuti d’auto dalla città. Bologna la Dotta (per via della sua università) vi ha realizzato diversi gioielli architettonici preziosi, frutto della volontà delle casate illustri e facoltose di trasferire in campagna le bellezze artistiche urbane. Bologna la Grassa (per via della sua gastronomia) li ha avuti nel passato come retroterra produttivo che forniva cibo buono all’esuberante cucina che veniva imbandita sotto le Due Torri.
Sono i luoghi verdi che salgono verso l’Appennino e, se li si percorre, si può senz’altro convenire su “com’è bello andare in giro per i Colli Bolognesi…”.
Sono lì, appena fuori dal più imponente fascio autostradal-ferroviario d’Italia e in vista dell’asse manifatturiero più strutturato del paese, quello della Via Emilia. Il super-traffico dai quattro punti cardinali li trascura e l’asfalto dell’A1 sembra isolarli. Ma se un bolognese racconta che nascondono delizie da cercare, ha ragione e bisogna credergli
Se vi si sale in queste settimane, si godono i colori e i profumi della primavera che diventa estate e si gustano i sapori delle feste gastronomiche paesane: lo Zola Jazz Wine che abbina arte, musica, buoni cibi e buoni vini a Zola Predosa; la Festa dei Sapori Curiosi a Casalecchio di Reno; Abbazia in Festa nel borgo medievale di Monteveglio (www.iatcollibolognesi.it).
In vista della Madonna di S. Luca. Raggiungendo in auto la zona, il punto di partenza di un piacevole anello di visita è l’uscita autostradale di Sasso Marconi. Il punto d’arrivo sarà, alla fine, Casalecchio, con il suo Parco della Chiusa che all’interno comprende l’opera idraulica ancora in funzione più antica al mondo. Dal parco un sentiero tra gli alberi sale fino al Santuario della Beata Vergine di San Luca, la Madonna miracolosa sopra Bologna.
Il paese di Sasso ha nel cognome il suo senso come meta turistica. In località Pontecchio, sul colle dietro il mausoleo dedicato allo scienziato, la Villa Grifone fu residenza del giovane Guglielmo sperimentatore destinato al Premio Nobel, e oggi conserva un’eccezionale collezione di strumenti scientifici (www.fgm.it).
Ma è l’Appennino con le sue caratteristiche ambientali a colpire: oltre all’Oasi naturalistica di San Gherardo, si deve cercare lo scorcio panoramico del Contrafforte Pliocenico sopra la valle del Setta, un unicum geologico dove leggere l’evoluzione del territorio tra i 5 e i 2 milioni di anni fa.
Scavalcando invece il crinale a ovest dell’Autosole, una collana di borghi rurali antichi circonda il caratteristico paese di Monte San Pietro, dov’è raccolta una delle più notevoli collezioni italiane di moto d’epoca, la “Nigelli”.
Dal Medioevo al Neoclassico. Ancora più verso occidente, sempre tra saliscendi di boschi e di viti, Monteveglio è forse il luogo più caratteristico dei colli. L’abbazia di Santa Maria Assunta ha quasi mille anni e la volle Matilde di Canossa, grande signora delle terre tra Mantova, l’Appennino e la Toscana. Il borgo che si sviluppò intorno al castello matildiano e al convento è conservato con rara completezza.
Salendo la Valsamoggia, il castello di Serravalle (Ecomuseo della collina e del vino) fu sede del Capitano della Montagna bolognese e testimonia l’importanza del valico, oggi molto minore, che parecchi chilometri più a monte scavalca l’Appennino. Ridiscendendo verso la pianura, nel vicino paese di Bazzano i Bentivoglio signori di Bologna ebbero una loro rocca (Museo civico archeologico – www.roccadeibentivoglio.it).
Ritornando verso Bologna, la tappa di Zola Predosa fa incontrare due importanti architetture del ‘600 e del ‘700.
Il Palazzo Albergati, luogo eccezionale dell’architettura barocca emiliana, ha un struttura senza paragoni, caratterizzata da un alto corpo centrale che – dentro la sobria apparenza esterna – conserva uno splendido salone affrescato alto 30 metri che fu anche “teatro in villa”. Ebbe ospiti, tra i molti vip passati per sale e stanze, i re Federico IV di Danimarca e Giacomo III d’Inghilterra, Giacomo Casanova, Carlo Goldoni e Vittorio Alfieri.
La neoclassica Villa Garagnani – proprietà ben valorizzata del Comune di Zola Predosa – ha interni riccamente decorati e ospita due sedi i cui interessi si intrecciano: il Museo degli antichi mestieri e della civiltà contadina e il Punto del Gusto gestito dalla Strada dei Vini e dei Sapori “Città, Castelli, Ciliegi” che si snoda fino alle colline del Modenese (www.puntodelgusto.it).
Mortadelle e Pignoletto. Zola Predosa è la capitale della mortadella di qualità: un paio di produttori (ciascuno da 40-50 tonnellate di insaccato al dì) si contendono il primato delle fette migliori, tagliate dalla forma classica di una dozzina di chili dentro una vescica di vitello o da monumentali cilindri che arrivano ai 500 chili. In ogni caso è solo spalla selezionata, macinata fino a passare da fori di appena 8 millimetri, e lardello bianco di gola di maiale.
Nella terra dei tortellini, dei ricchi ragù, della lasagna al forno e dei salumi consumati con le tigelle e lo gnocco fritto nello strutto, i colli che sovrastano la cittadina forniscono l’”in più” di alto pregio: il tartufo bianco, particolarmente apprezzato se arriva dai boschi di Savigno, imbandito in autunno nella Tartufesta diffusa (www.cittametropolitana.bo.it/tartufesta/).
Ad accompagnare il tutto è il bianco Pignoletto, ricavato da un antico vitigno autoctono, cresciuto nel tempo da “vino povero” a prodotto di elevata qualità, protetto da una Docg (www.collibolognesi.it) che sul morbido colle sopra Zola Predosa ha nella Gaggioli una delle sue cantine più rinomate.