– Doberdò: il lago misterioso sul Carso della Grande Guerra e dei vini forti

– di Antonio Trentin –

Possibile un lago sul Carso? Là dove l’acqua di solito sparisce in un batter d’occhio, appena piovuto, e là dove – per definizione geologica – il terreno subito inghiotte ogni rivoletto che scorre e ogni pozzanghera che si forma?

Sì, un lago, un laghetto a dire il vero, sul Carso arido e asciutto c’è. O almeno può esserci, se la stagione e la piovosità aiutano, e ciò anche se l’idea rischia di passare per un assurdo quando la si racconta a chi non conosce davvero fino in fondo le meraviglie nascoste tra le colline e i piccoli altopiani dall’Adriatico al confine italo-sloveno.

Il luogo è Doberdò, uno dei grandi luoghi della Grande Guerra. Terra aspra di cannoni e mitraglie, un secolo fa. Di fili spinati e sacchetti di terra alzati per parare le pallottole. Di feroci assalti alla baionetta e di arditi col pugnale tra i denti. Di morti ogni giorno a centinaia – per più di due anni – per la conquista o riconquista di un dosso, una selletta, una trincea. Terra di sacrari ormai lontani nelle memorie per i resti di battaglioni su battaglioni di caduti nelle italiche armate e nell’imperial-regio esercito austriaco.

Qui sul Carso goriziano – dal 24 maggio 1915, nelle «radiose giornate» in cui i nazionalisti e gli interventisti fecero culminare nell’entrata in guerra l’attendismo italiano durato dall’estate del 1914, e fino all’autunno 1917 della ritirata caotica dopo Caporetto – il fronte bellico si spostava di mese in mese, di offensiva in offensiva, solo per poche centinaia di metri ogni volta, di qualche chilometro al massimo. E sempre in vista dell’avvallamento dove, piogge permettendo, occhieggiava l’inimmaginato «lago carsico».

Sulla costa collinare che sovrasta il lago di Doberdò – o, più spesso, il suo modesto bacino asciutto – un casolare porta un nome famoso: sulle mappe e negli itinerari del trekking è Casa Cadorna. Qui il generale Luigi, comandante supremo dell’Esercito italiano, arrivava per osservare le collane di trincee che percorrevano il Carso e per ipotizzare quanti morti costava prenderne una.

Oggi il lago un po’ misterioso è una rarità naturalistica che fa da calamita per interessi turistici, biologici e storici. Il centro visite aperto a Gradina con foresteria e ristorante – sul monte Castellazzo appena fuori dal paese e a tre quarti d’ora di escursione a piedi dallo specchio d’acqua – è il punto di partenza delle attività attraverso il Carso di Doberdò.

A un’altra ora di passeggiata ci sarebbe (…quando c’è) un altro laghetto meno facile da incontrare: quello di Pietrarossa, anch’esso posto in una depressione carsica (polje in sloveno) che il sistema di sifoni sotterranei a volte riempie fino in superficie.

L’area naturalistica protetta, percorsa da itinerari ciclo-pedonali, si estende per 726 ettari attorno ai due laghi, con paesaggi tipicamente carsici che incastonano la compresenza di ambienti sia acquatici sia aridi.

Il centro-visite scientifico e turistico-ambientale di Gradina (www.riservanaturalegradina.com/it, tel. 0481784111, e-mail inforogos@gmail.com) fa scuola sugli aspetti storici e naturalistici dell’ambiente carsico attraverso mostre e laboratori interattivi.

Un museo storico e naturalistico piccolo ma efficace – dedicato agli insediamenti nel Carso, al fenomeno dei laghi carsici e a fauna e flora della zona – riassume i principali fenomeni e il legame dell’uomo con il territorio, attraverso un percorso espositivo
ma anche tattile e sonoro.

Sempre al centro-visite è possibile prenotare – per il dopo-escursioni – un incontro enogastronomico con la cucina tradizionale, caratterizzata dall’impronta slovena.

Tra i piatti tipici: la jota di fagioli, patata, pancetta e crauti oppure le minestre di orzo o gli gnocchi; le grigliate con raznici e cevapcici alla slava; la gubana di pasta morbida arrotolata con ripieno di noci e uvetta da arricchire con un bicchierino di liquore alla prugna.

Due i vini tipicissimi da cercare, forti come i campi scabri su cui crescono, la Malvasia e il Terrano. Tra le migliori cantine che punteggiano (e in molti casi scavano) il Carso goriziano ci sono l’azienda Castelvecchio di Sagrado (www.castelvecchio.com) dove si ritrova l’esperienza militareb ve poetica di Giuseppe Ungaretti sul Carso; e la Castello di Rubbia di San Michele (www.castellodirubbia.com) presso un complesso di trincee e cannoniere sotterranee della Grande Guerra.