– di Antonio Trentin –
Un cono tronco formato da 80 mila fascine di rami d’ulivo e di vite che assomiglia nella sua silhouette alle Torri di Babele dell’antichità pittorica e che sale fino a 25 metri di altezza con 20 metri di diametro alla base: è la Fòcara di Nòvoli, una delle più spettacolari manifestazioni dell’inverno post-natalizio in Puglia.
Si tratta di una pira enorme fatta di resti della lavorazione invernale degli ulivi centenari e di tralci potati – quelli delle preziose vigne salentine che danno il robusto Negroamaro – destinata a trasformarsi in una fantasmagoria di fuochi d’artificio. Scoppieranno tra le fiamme accese in onore di Sant’Antonio Abate, protettore del mondo rurale, alla vigilia della sua festa, la sera del 16 gennaio.
La Fòcara di Nòvoli è tutto questo – secondo una plurisecolare tradizione – ed è però anche parecchio altro di moderno contorno: un’installazione artistica in se stessa, quest’anno firmata dal francese Daniel Buren; un festival di musica contemporanea e uno di enogastronomia dove arrivano centomila pugliesi e forestieri; una festa popolare della vite e una mostra fotografica allestita per celebrare in particolare il mondo rurale dell’estrema Puglia.
Per chi arriva da lontano – ma l’aeroporto di Brindisi è a mezz’ora d’auto – si tratta di una bella occasione per scoprire il Salento fuori dall’affollata stagione turistica estiva (informazioni sull’intera zona in www.mediterraneantourism.it).
IL SANTO INVERNALE. Dopo i santi prenatalizi che portavano doni, San Nicola e Santa Lucia, il grande santo dell’inverno nelle campagne era – in tutta la cristianità mediterranea – l’Antonio di provenienza orientale, che fu monaco nell’Egitto del IV secolo, al tempo del primo monachesimo.
Il Santo del Porcello – uno dei più presenti nelle immagini religiose di tutta la Cristianità – è effigiato tra le bestie dei campi di cui è patrono, con ai piedi un roseo suino e spesso accanto a fiamme che ricordano il suo intervento in favore dei malati di herpes zoster (il “fuoco di Sant’Antonio”).
Il Salento, che nel Medioevo rimase per secoli bizantino e appartenne alla Chiesa orientale, lo venera in modo particolare.
Il clou del culto – evidente prosecuzione dei riti pagani del fuoco rinnovatore delle stagioni – si concentra appunto a Nòvoli, piccolo paese a pochi chilometri da Lecce.
Qui da metà dicembre, ogni anno, viene allestita la ciclopica catasta di fascine, lentamente alzata da decine di volontari che dedicano a Sant’Antonio Abate giornate e giornate su e giù per le rampe in costante progressione verso l’alto. Sono alla fine centinaia di ore di lavoro “votivo” sull’intreccio di ramaglie arrampicate fino a diventare la grande Fòcara di impressionante suggestione (www.focara.it).
L’ANTICO E IL MODERNO. Sono appena sei anni che la Fòcara di Nòvoli è diventata quello che è. Prima era un rito folclorico spontaneo, che magari ogni tanto faceva correre i pompieri dove qualche favilla sfuggita al controllo dei “fuochisti” e volata lontano accendeva i tetti o le erbe secche.
Se n’erano occupati gli etnografi e anche gli studiosi di architettura popolare. Ma era una cosa di paese. Del paese per il suo patrono, festeggiato con la benedizione degli animali, un piatto di gnocculeddhi di patata al ragù di pesce e qualche bicchiere di Moscato ad annaffiare i dolci di mandorle e miele.
Con il nuovo millennio, invece, la Fòcara ha fatto trasloco in uno spiazzo sicuro alla periferia di Nòvoli e si è accesa di ambizioni e risultati.
Sta tra le poche decine di Destinazioni europee d’eccellenza per la cultura immateriale (come il Palio di Siena, per intendersi) e si è candidata all’ingresso nella Lista Unesco del Patrimonio immateriale dell’Umanità. E quanto ad agenda ha fatto un incredibile salto di qualità (e di quantità) moltiplicando se stessa e diventando un’occasione multiproposte di importanza sovralocale.
L’ARTE CONTEMPORANEA. Nei Giorni del Fuoco, tra il 16 e il 18 gennaio prossimi, la Fòcara novolese sarà infatti al suo nuovo appuntamento anche con la grande arte.
Nelle passate edizioni sono stati i cavalli di Mimmo Paladino, i numeri multicolori di Ugo Nespolo e una scala lignea di Hidetoshi Nagasawa a partecipare all’”effimero notturno” della grande Fòcara destinata alle fiamme; e poi è stata la volta di un progetto di Jannis Kounellis, greco d’origine ma italiano per formazione e successi, e nel 2016 di una realizzazione firmata da Gianfranco Baruchello .
Nel 2017 tocca al pittore e scultore francese Daniel Buren, chiamato a essere protagonista di una festa sempre più dai connotati internazionali, vista la partecipazione di Sislej Xhafa artista visuale kosovaro e del sino-malese H. H. Lim, e arricchita da presenze di notevole interesse: dal maestro fumettista Igort al regista Yuri Ancarani, dal fotoreporter Francesco Jodice al designer Massimo Giacon.
Nella parte musicale e coreografica della manifestazione, il “Focara Festival”, sono in cartellone Vinicio Capossela ed Eugenio Bennato, Giovanni Lindo Ferretti e il corpo di ballo della Notte della Taranta. Temi culturali saranno affrontati dallo scrittore Nicola Lagioia, dal giornalista e saggista Pietrangelo Buttafuoco, dai conduttori tv Paolo Del Debbio ed Edoardo Camurri. Per il teatro ci saranno Elio Germano e Theo Teardo. Per la gastronomia sarà in scena Donpasta.