– di Antonio Trentin
Quindici note-flash per raccontare, in brevissimo, una delle terre più affascinanti e multiformi dell’Estremo Oriente: la lunga fascia bagnata dal Mare d’Oriente – indicato come Mar Cinese Meridionale nelle carte politiche contemporanee – che si allunga per 1.650 chilometri in linea d’aria e 3.444 chilometri di costa attraverso le regioni raccontate in Europa al tempo del colonialismo con i fascinosi nomi di Tonchino, Annam e Cocincina.
I link in blu – tratti dal blog di Asiatica Travel, agenzia vietnamita specializzata sul mercato italiano ed europeo – approfondiscono i temi con abbondanza di immagini e informazioni su una terra unificata da poco meno di mezzo secolo, dove si parla la lingua sincopata (mix di lessico austrasiatico e cinese) che suona con musicalità singolarissima e si legge (ci si prova almeno…) come se fosse una lingua occidentale.
1. Vocali, toni e accenti. Il vietnamita è una lingua monosillabica, scritta in caratteri latini come codificata dal missionario gesuita francese Alexandre de Rhodes quando a metà del Seicento sostituì la secolare grafia cinese a ideogrammi. Quando la si vede, parrebbe possibile pronunciarla senza grandi problemi. Ma la sovrabbondanza di vocali (11), di toni per dirle (6) e di accenti (5) per trascriverle la rende una giungla fonetica difficilissima da percorrere, a dispetto della facilità della sua grammatica. Questi flash sul Việt Nam che seguono, rispettano nei nomi geografici, urbanistici e gastronomici la corretta scrittura locale, offrendo un po’ di esotismo e di spaesamento alfabetico. Curiosità: monosillabiche – e perciò scomposte – sono le parole derivate dal francese dei colonizzatori tra Otto e Novecento. Eccone alcune (abbastanza) facilmente intuibili: cà phê, sô cô la, sâm panh, pa tê, xà bông, ba gác, xi nê, ô tô, tắc xi, mô tô.
2. Mô tô e motorini a milioni. Quante moto e motorini girano nelle città e nelle campagne vietnamite? Pare siano 40 milioni su una popolazione di 98 milioni, ma forse sono di più. Nelle metropoli – ad Hà Nội e a Sài Gòn, 20 milioni di affollamento in due – sfrecciano in flussi compatti, incessanti, che obbligano l’occasionale pedone a imparare in fretta il modo per sopravvivere ad un attraversamento: scendere dal marciapiedi, tagliare la via perpendicolarmente camminando lentamente ma senza senza fermarsi, approdare dopo aver fatto conto sulla destrezza dei conducenti.
3. Girare la capitale by night. Un po’ di tranquillità stradale subentra a sera. Ad Hà Nội, ad esempio, il traffico è vietato intorno al piccolo lago della Spada Restituita (Hoàn Kiếm) su cui convergono il Quartiere Francese, quanto resta dell’antico centro storico e l’area commerciale-alberghiera frequentata dai turisti. Scenografiche le illuminazioni del tempio sull’acqua Ngọc Sơn e dei resti della Tháp Rùa, la torre che veglia sul luogo in cui una mitica Tartaruga benefica emerse per recuperare la spada magica affidata al re Lê Thái Tổ in guerra contro gli invasori Ming cinesi. Belle luci valorizzano la possente mole della cattedrale francese di San Giuseppe (1886) dalla facciata inconsuetamente realizzata in calcestruzzo. Resta aperto fino a tardi anche il mercato di Đồng Xuân, con botteghe e soprattutto microristoranti tipicissimi.
4. Hà Nội, il centro del potere. Il mausoleo dedicato al padre della patria socialista Hồ Chí Minh è ispirato a quello di Lenin sulla Piazza Rossa di Mosca ed è il simbolo della concentrazione di storia e di potere nella capitale. Gli spazi circostanti hanno la giga-dimensione degli spazi celebrativi sovietici e cinesi, ma conservano piccole preziosità come la modesta casa in legno in cui visse il presidente della liberazione e della lotta antimperialista, e l’antica piccolissima pagoda Môt Côt alzata in bilico su un unico pilastro. Nelle vie del quartiere antico, dove operavano le 32 corporazioni animatrici dell’economia tradizionale, vetrine e neon moderni accendono di consumismo le facciate di case che risalgono al tempo francese e che oggi sono diventate negozi, hotel, b&b e ristoranti che vanno dal deluxe allo street food.
5. A tavola con la zuppa. Dappertutto in Việt Nam si mangia per strada, accomodati su sgabelletti, oggi di plastica rossa o blu, e serviti su tavolinetti a conseguente (bassa) altezza. Dalla mattina fino a notte, in una miriade di pentoloni bolle il phở bò, il brodo d’ossa a interminabile cottura che serve per la zuppa con tagliolini di riso, manzo a fettine, verdure e spezie. Si tratta del piatto più tipico della cucina nazionale, forse nato a nord, nella città di Nam Định lungo il Fiume Rosso, man mano arricchitosi di profumi (cannella, cardamomo, pepe nero, anice stellato) e sapori (coriandolo fresco, salsa nuoc mâm, fettine e polpettine di manzo) diffondendosi fino al sud. Zenzero, salsa di pesce e cipollotto caratterizzano i menù ricchi di colore e profumi.
6. Sài Gòn, la “capitale del Sud”. Relativamente recente come presenza nella storia vietnamita (inizi ‘700), Sài Gòn da quasi cinquant’anni si chiama ufficialmente Città di Hồ Chí Minh (Thành phố Hồ Chí Minh), HCMC in sigla internazionale. Situato lungo il fiume che dà il nome alla città, nel cuore dei suoi sterminati quartieri, il nucleo storico è marcato da memorie architettoniche francesi tra fine ‘800 e inizi ‘900 (la Posta progettata da Gustave Eiffel; la Cattedrale arcivescovile di Notre-Dame, centro nazionale dei cattolici che sono 700 mila in città e il 9% nel paese; il Municipio che, se non fosse per le tinte sul giallo, pare quello di un capoluogo in Francia) e grattacieli degli ultimi decenni, frutto del rampante “capitalismo comunista” della più aggressiva tra le Tigri Asiatiche (la torre Bitexco del 2010 fa 265 metri, la Landmark 81 del 2018 ne ha aggiunti altri 200 ed è il tredicesimo edificio più alto del mondo).
7. Le memorie delle guerre. Il Việt Nam è stato più e meno in guerra per metà del suo ultimo secolo. Contro i francesi (presenti dal 1858), negli anni Trenta iniziarono moti e scioperi capeggiati dal Partito comunista, fondato nel 1931 da Hồ Chí Minh. Nel 1940 i Giapponesi occuparono il paese. Dopo la Seconda guerra mondiale, nazionalisti e comunisti proclamarono l’indipendenza, ma la Francia tentò di impedirla (guerra d’Indocina, 1946-1954). Ritiratisi i francesi, il paese fu diviso in due stati che dovevano ricongiungersi con elezioni nel 1956 (mai svoltesi): il Nord appoggiato da Cina e Urss e il Sud sotto influenza franco-americana. L’unificazione, perseguita dal Nord con l’appoggio al Fronte di liberazione del Sud, fu contrastata dal governo di Sài Gòn e dagli Usa che arrivarono a impiegare oltre mezzo milione di soldati (guerra del Việt Nam, 1964-1975). Ritiratisi gli americani e travolto il governo del Sud, malvisto dalla popolazione, il paese fu unificato come regime comunista, con relativa fuga di centinaia di migliaia di profughi. Per contrasti territoriali e ideologici, due altre guerre impegnarono il paese, una sfibrante contro la Cambogia del regime di Pol Pot (1978-1989) e una poco più che simbolica contro la Cina (1979). Danno conto di questa storia accidentata i musei di diverse città, in particolare la prigione di Hỏa Lò nella capitale, costruita dai francesi per i rivoltosi indipendentisti e diventata l’ironico hotel “Hanoi Hilton” dei prigionieri statunitensi; e il Museo delle reliquie belliche in centro a Hồ Chí Minh.
8. L’orrore dell’Agente Arancio. In quest’ultimo museo non sono i resti militari a colpire, ma le eloquentissime rassegne fotografiche: sulla guerra di unificazione e liberazione del Sud durata trent’anni, sui fotoreporter uccisi (tra loro il celebre Robert Capa nel 1954) e sugli effetti angosciosi dell’Agent Orange, 80 milioni di litri di defoliante alla diossina spruzzati dagli americani per spogliare le foreste in cui si nascondevano i guerriglieri vi̯èt kòng. Tra il ’61 e il ’71 furono colpiti tremila villaggi e rimasero coinvolti due milioni di persone. Al danno diretto (leucemie, linfomi, cancri e lesioni alla pelle) si aggiunsero i danni genetici che perdurano fino alla quarta generazione: figli e nipoti dei contaminati, affetti da malformazioni gravi e gravissime, si incontrano ancora oggi nelle aree centro meridionali del paese e soprattutto a Hồ Chí Minh e nel delta del Mekong.
9. Il fascino del grande fiume. Quest’ultima geografia tipicissima – il Delta che fu di cultura khmer cambogiana e che i vietnamiti chiamano Fiume dei Nove Dragoni/Sông Cửu Long – è fatta di acque e risaie, canali e bassi argini, tratti superstiti di foresta e centri di commercio agricolo fluviale. Il fascino naturalistico si mescola oggi con le grandi strutture produttive, ma non è difficile scoprire angoli intatti dove la vita non è molto dissimile a quella di decenni fa (eccezion fatta per il traffico dei soliti motorini onnipresenti). Il Mekong scende dal Nord del Tibet per 5.000 chilometri passando per la Cina, facendo da frontiera tra Laos e Myanmar/Thailandia, entrando in Cambogia e dividendosi in nove possenti bracci che hanno estuari sul Mare dell’Est. In progressiva riduzione ma tuttora presenti, i mercati sull’acqua – frequentati all’alba da produttori, piccoli grossisti e dettaglianti – sono la prosecuzione di una storia commerciale sempre vivacissima nella regione più fertile del Sud Est asiatico.
10. Geologia e magie sull’acqua. Al capo opposto del paese, all’estremo nord est verso il confine cinese, le acque sono protagoniste di un paesaggio tutto diverso, magico, spettacolare. Quasi duemila isolotti e faraglioni – protetti nella Lista Unesco dei Patrimoni dell’Umanità – anticipano la costa nelle baie di Hạ Long (“dove il drago scende in mare”) e di Bái Tử Long. La leggenda li racconta come personificazione/pietrificazione di Madre Drago e Cuccioli di Drago inviati dall’Imperatore di Giada, re supremo del Cielo nella religione taoista, per proteggere i vietnamiti dagli invasori stranieri. Meta turistica imprescindibile, le baie sono visitate in minicrociere di due-tre giorni su piccole imbarcazioni con cabine di lusso.
11. La Hạ Long di terraferma. A sud di Hà Nội, nella provincia di Ninh Binh, le ere, i venti e le acque hanno modellato un altro paesaggio, stavolta di terraferma, che l’Unesco protegge: il complesso paesaggistico di Trang An che il marketing turistico apparenta alle baie marine del nord est. Le tre grotte Tam Cốc e le tre pagode Bích Động del XV secolo, disposte su un percorso roccioso ascendente, sono i punti-clou di un’area di fiume e di forme calcaree molto suggestiva. La percorrono piccole barche mosse da donne dei villaggi che si sono reinventate come operatrici turistiche e abilmente spingono i remi con i piedi. Il breve e suggestivo percorso fluviale passa accanto a piccole risaie ricavate accanto all’acqua. Delle basse grotte si toccano le pareti. La ripida scalinata che collega le pagode offre scorci panoramici emozionanti.
12. I colori dell’incenso. A metà strada tra la capitale e Trang An, il villaggio di Quảng Phú Cầu è famoso per la produzione di bastoncini d’incenso. Le donne preparano in casa il supporto, tagliando in cento fibre le canne di bambù. Alcuni laboratori artigiani macinano in polvere finissima le essenze profumate (sandalo, agar, aloe) completate con altri aromi naturali e segatura, colorate di solito col rosso beneaugurante, legate con collante e poi fissate sugli stecchini di bambù. I mazzi di bastoncini lasciati seccare nei cortili sono tra i soggetti preferiti dei fotografi viaggiatori. Se non si visita Quảng Phú Cầu, nessuna preoccupazione: gli artigiani dell’incenso lavorano in moltissimi altri villaggi e i bastoncini profumati – che le famiglie accendono quotidianamente sugli altarini degli antenati e nei templi – sono in vendita ovunque.
13. A Huế palazzi e tombe di sovrani. Agli inizi dell’Ottocento, l’ultima dinastia dei Nguyễn trasferì la capitale da Thăng Long/Hà Nội al Centro del paese, a Huế, oggi la più monumentale tra le città vietnamite, iscritta nel Patrimonio mondiale dell’Umanità. La Cittadella – progettata sul modello della Città Proibita di Pechino – è protetta da dieci chilometri di mura, su cui si aprono dieci porte: al suo interno resta una ventina dei 148 palazzi originari, il più imponente dei quali è in ricostruzione da qualche anno. Nella vicina periferia, presso le anse del Fiume dei Profumi e tra il verde di alberi e prati, le tombe e i mausolei degli imperatori (il più imponente quello di Tự Đức, quarto sul trono) esprimono la grandezza e la ricchezza della prima età Nguyễn (1802-1858), prima della colonizzazione francese e della riduzione a “fantocci” dei sovrani, ultimo Bảo Đại che abdicò nel 1945.
14. Hội An, la città delle lanterne. Altra località della Lista Unesco, Hội An ha mantenuto un piccolo nucleo antico, pochissimo toccato dalla modernità e caratterizzato dai colori delle tradizionali lanterne, vendute ovunque. Due vie principali e i vicoli strettissimi che le collegano hanno case di un solo piano, alcune risalenti al Sette-Ottocento diventate interessanti mini-musei, e cinque templi dove divinità principale è la Dea del Mare protettrice dei naviganti: il più interessante è il Hội quán Phúc Kiến, costruito dai mercanti cinesi nel 1792. Porto fluviale importante per il Việt Nam centrale fino all’insabbiamento del fiume Thu Bồn e il trasferimento dei grandi traffici a Đà Nẵng, la cittadina è un crogiolo delle culture vietnamita, cinese e giapponese, con reminiscenze degli scambi con Olanda e Portogallo. La tradizione commerciale prosegue nel grande mercato coperto ai margini del centro storico e nelle sue vicinanze.
15. Un paese, tre storie, 54 etnie. Se l’etnia largamente maggioritaria è quella vietnamita (người Việt o người Kinh), nel paese altri 53 nuclei di popolazione sono ufficialmente riconosciuti. I Việt derivano dalle genti del nord, a loro volta originarie della Cina meridionale, che progressivamente si espansero a sud conquistando e integrando il regno antico dei Chăm, culturalmente vicino all’India, e la parte sud-occidentale dell’impero dei Khmer, la cui lingua è oggi parlata in Cambogia, in una confinante provincia thailandese e nel delta del Mekong. Le altre etnie – che vivono soprattutto nelle aree montane settentrionali e negli Altopiani Centrali, conservando lingue e usi antichi – variano da poche decine di migliaia a circa un milione e mezzo di abitanti. Per conoscerle è bellissimo il Museo Etnografico di Hà Nội, dove sono stati riportati manufatti, abiti e costruzioni originali.