– Un concentrato di tutto il meglio dell’Elba alle Ripalte: mare, vigneti e buona cucina

– di Antonio Trentin – 

Dove la terra isolana finisce con la sua punta sud-est e s’immerge nel Tirreno toscano, l’Elba è una roccia a strapiombo, sulla quale si arrampicano solo le capre inselvatichite, piccole macchie di bianco che si confondono con le tracce lasciate dagli uccelli marini che lì nidificano. Il luogo è chiamato Costa dei Gabbiani e sta lontano da tutto: il primo paese è Capolìveri, a 10 chilometri di strada per metà sterrati, e gli imbarchi di Portoferraio sono a 25, poco meno di un’ora di strada. Insomma: tutto fuorché una meta per il turismo di massa.

Le “ripe alte” di quest’Elba estrema – che guarda verso l’isola di Montecristo (nella foto in apertura) e verso la Toscana a sud di Piombino – danno il nome ai 450 ettari di un fondo agro-turistico assai composito.

Qui l’opera dell’uomo si integra sapientemente nella natura, tra boschetti di pini marittimi, terreni a macchia mediterranea in recupero vegetativo dopo un brutto incendio doloso, vigneti che le reti proteggono dagli animali selvatici, ripide discese a mare e spiaggette da poche decine di posti-balneanti.

La storia della zona

La  Tenuta delle Ripalte è “un’isola nell’isola”, come piace dire all’odierna proprietà (veronesi amantissimi dell’Elba) e ai conduttori del resort imperniato sulla villa padronale del 1896 che fu di Oscar Tobler, eclettico imprenditore di famiglia svizzera trasferitasi a Livorno alla fine del Settecento.

Fino al 1925 – anno di costruzione della strada da Capolìveri, a servizio di due miniere fronte-mare – il complesso agricolo-venatorio delle Ripalte era raggiungibile dal paese solo per viottoli o con imbarcazioni. Ci si veniva per curare le vigne ondulate o per cacciare alla grande, tra gli arbusti che tuttora proteggono lepri e conigli selvatici, pernici rosse e fagiani, cinghiali (troppi).

Oggi la Tenuta è una meta turistica di rara identità, che dà su due versanti di mare lungo un perimetro di 12 miglia e si articola intorno ai 413 metri del monte Calamita.

I vini e la cantina

I grappoli dei 15 ettari di vigneti “di mare”, coltivati su diversi terreni e con diverse insolazioni, finiscono nella modernissima cantina della Fattoria delle Ripalte, progettata dieci anni fa dall’archistar Tobia Scarpa con design lineare ed essenziale, edificata con le pietre provenienti dallo scasso del pendio collinare.

Sulla grandissima terrazza, le barrique usate stanno progressivamente diventando piccole opere d’arte grazie alle decorazioni degli artisti ospiti negli ultimi anni.

Nelle bottiglie con cinque etichette finiscono l’Aleatico, il vino elbano più caratteristico, il Vermentino e l’Alicante. Li si può degustare nel ristorante della Tenuta, dove lo chef Amos Rota serve un menù di tipicità toscane e di mare all’insegna della linearità d’esecuzione e della perfetta riconoscibilità degli ingredienti.

Il resort e le spiagge

Girando per la Tenuta, l’elenco delle occasioni di soggiorno e svago è nutrito. Oltre alla villa-albergo, ci sono villone e villini sparsi sulle diverse pendici collinari, mono e plurilocali in edifici rurali ristrutturati, case-tenda immerse nel verde, un centro ippico, campi di tennis che ospitano campioni illustri e corsi di perfezionamento, un noleggio di biciclette (mountain bike e con pedalata assistita) per girare le stradine in terra battuta, vari sentieri per il trekking che salgono verso cime con viste a 360° oppure scendono verso spiagge situate in punti semiselvaggi.

Con tre chilometri anche di auto si scende, verso ovest e con la vista su Montecristo, a quella del Remaiolo (lettini e ombrelloni, beach volley, ristorante) punto di partenza per escursioni in gommone o canoa verso altri approdi lungo la costa.

Poco al largo, lo scoglio del Remaiolo sorveglia gli appassionati di snorkeling e chi si dedica alle immersioni in apnea con l’esperto istruttore Michele Bovo, che tra piscina del resort e spiaggia si occupa anche di yoga e mindfulness.

Altre spiaggette da cercare, a est: quella del Buzzancone, con vista verso Porto Azzurro; quelle vicine di Istia, con alle spalle una pineta e di fronte l’isolotto di Liscoli facilmente raggiungibile, e di Calanova, dove – in un contesto alquanto ruspante – apre un ristorante di buon pregio gastronomico (…e più che conseguente listino prezzi); e quella dei Sassi Neri, con alle spalle un laghetto risalente ai tempi delle estrazioni minerarie.

Le miniere e il museo 

A proposito di miniere, nello stesso lato “verso terra toscana” della Tenuta delle Ripalte – non lontano dalla spiaggia del Ginevro in ghiaia scura, tra le più belle dell’isola – si apre una delle due miniere della Costa dei Gabbiani.

Le Miniere di Calamita sono un’occasione eccezionale per conoscere quella che fu una realtà di grande importanza per l’economia nazionale (appartenne all’Italsider ed è tuttora parte del demanio statale strategico) e per l’occupazione di manodopera della zona occidentale dell’Elba.

Si cavava magnetite, alle Ripalte, un minerale magnetizzato ad alta concentrazione di ferro il cui affiorare nelle gallerie di scavo permette di stupirsi: appoggiando un oggetto ferroso alle pareti, vi resta attaccato.

Presso la miniera del monte Calamita è aperto, nella vecchia officina-palazzina uffici, un bel museetto con i materiali che raccontano la vita in miniera fino al 1981, anno della chiusura.

Da lì si parte per l’escursione alla miniera del Ginevro, possibile lungo due percorsi diversamenti impegnativi, che entrano nella “pancia” delle Ripalte dal piazzale di scarti di scavo dove una piccola cala fu strappata al mare.

Tra imponenti resti di materiali (dove scegliere un souvenir di magnetite) e di macchine che conducevano il minerale ferroso agli impianti di selezione e poi all’imbarco, ci si addentra – accompagnati da guide dell’azienda comunale che gestisce la parte turistica del complesso – nei tunnel di roccia fino alla grande voragine (ci starebbe dentro il duomo di Milano) risultata da anni di scoppi, perforazioni e scavi su tre livelli.