– di Antonio Trentin
Luogo italico che vai, stoccafisso che trovi… Il pesce-stocco in arrivo dall’Atlantico settentrionale, seccato ai venti freddi dell’Artico nelle norvegesi Isole Lofoten e commerciato da secoli verso l’Europa meridionale, ha nelle cucine dello Stivale una varietà di preparazioni che contraddice la teorica monotonia di un prodotto ittico ridotto all’essenziale di pelle, lisca e fibre muscolari.
L’unica occasione per cogliere l’intero panorama nazionale dell’arte gastronomica popolare che imbandisce il “pesce bastone” ritorna, una volta all’anno, a Tipicità, l’appuntamento marchigiano che a Fermo ripropone “Stoccafisso senza frontiere”, tenzone dei sapori che richiama cuochi provenienti da tutta la Penisola.
Dalla Venezia Giulia alla Sicilia, dalla Liguria alla Calabria, dal Friuli al Veneto, toccando Emilia Romagna e Marche, l’appetitosa carovana approda a Fermo dalle località che esprimono le differenti abitudini culinarie, ciascuna caratterizzata da ingredienti, sapori, profumi e colori diversi, ma con un comun denominatore: la trasformazione del Gadus Morhua – essicato come una mummia, ridotto a legnoso aspetto, dotato di solo profumo di mare – in piatti da leccarsi i baffi.
“Stoccafisso senza frontiere” risulta essere una sorta di “campionato nazionale” in prova unica, anche se non competitiva, con l’assaggio di tanti gusti diversi generosamente disponibili direttamente dalle pentole di chef rinomati, alcuni ben collaudati negli anni, qualcuno nuovo ogni volta.
Quest’anno si è trattato di Gabriele e Alessio Ferron con il risotto della loro riseria veronese di Isola della Scala “al baccalà mantecato” (che comunque sempre stoccafisso è, considerata l’inversione dei nomi nel Triveneto, dove poco si conosce il merluzzo salato, ossia il baccalà così chiamato in tutta Europa); Elio Bertoldo col “bacalà alla vicentina” (stoccafisso, appunto…); Paolo Ghione con la “buridda” genovese; Nicola Alessi (stoccafisso di Calabria con verdure, zafferano e bergamotto) e Alessandro Giuseppe (allo sfincione siciliano); Luciano ed Elena Odorico (stoccafisso ai profumi friulani) e Davide Spanghero (alla bisiaca monfalconese); Alessandro Capecci (stoccafisso in salsa), Michela Polverini (all’anconitana), Sabrina Attanasio (all’elpidiense) e Guido Gennaro (alla fermana) che da marchigiani giocavano in casa; Massimo Cirone, cimentatosi con una ricetta storica dei frati benedettini di Parma, del XVIII secolo, scovata da Otello Fabris del Macaronicorum Collegium degli Amici di Merlin Cocai di Bassano del Grappa, il massimo cultore di storia del pesce-stocco in Italia; e infine Norberto Magnani al quale è stata concessa la rara “eresia” di utilizzare baccalà, cioè merluzzo salato, al posto dello stoccafisso per le sue frittelle alla modenese.
I piatti sono stati eseguiti in collaborazione con vari organismi legati a cultura, promozione e diffusione dello stoccafisso: l’Accademia dello stoccafisso all’anconitana, di Ancona, e la neocostituita Accademia dello stoccafisso alla fermana, di Fermo; la Confraternita friulana del bacalà, di Varmo (UD); gli Amici dello stocco, di Porto Sant’Elpidio (FM); l’associazione “Lo sperone”, di Alcamo (TP); l’Accademia dello Stoccafisso di Calabria, di Cittanova (RC); l’associazione “San Giovanni Battista-Cantalupo 1907”, di Cantalupo di Varazze (SV); il Museo della civiltà contadina e artigiana di Ripatransone (AP); la Pro loco di Turriaco (GO); e la Venerabile Confraternita del bacalà alla vicentina, di Sandrigo (VI).