Il Veneto ha una fortuna: il mangiar conviviale, quotidiano e non troppo elaborato, esiste ancora. Le osterie sono ben diffuse e creano un clima di accoglienza che conforta tutti i tipi di avventori. Il brindisi con un calice di vino è universale, perché qui il vino è una cosa seria e tutti sanno bere: altro che spritz, ombre e cicheti.
I piatti sono una sorta di affresco storico, dove ogni nome e ogni ricetta ha il suo perché: così il saor, eredità dei viaggi della Serenissima; il bacalà, stoccafisso e a volte bertagnin, che da quei viaggi è arrivato; la polenta della cucina contadina, gialla e rustica in montagna, bianca e più delicata in pianura; l’anatra, la faraona e il coniglio, in tecia con le verdure e le erbe aromatiche.
Se è facile assaggiare la pasta e fagioli o un risotto con ampia scelta di carni e verdure, con un pizzico di fortuna ci si imbatte in trippa, sopa coada, nervetti, secoe o fegato alla veneziana, per concludere con un buon macafame.
Questo e molto altro è descritto nella 28° edizione della d’Italia, il sussidiario del mangiarbere all’italiana edita da Slow Food Editore (pagine 896, € 22).
«Sentirsi a casa: è questa la sensazione che i locali recensiti in Osterie d’Italia suscitano nei propri frequentatori. Nella guida ci sono le osterie che incarnano al meglio l’autenticità della cucina italiana, una cucina semplice, priva di barocchismi ed eccessi di lavorazione che hanno il solo fine di stupire. Una cucina che non cerca di uniformarsi in un unico stile con cotture millimetriche, sottolinea le differenze e non si piega alle mode» racconta Eugenio Signoroni, curatore insieme a Marco Bolasco del Sussidiario del mangiarbere all’italiana.
Sono 128 (su un totale di 1.616) le osterie venete recensite nell’edizione 2018, di cui la maggior parte con un menù che non supera i 35 euro. In continuità con la scorsa edizione, i locali un po’ più cari della media sono segnalati dal bollino con Euro e freccia, mentre il bollino Novità sta, naturalmente, per le nuove segnalazioni, a indicare un fenomeno in continua evoluzione e crescita.
Il simbolo dell’Annaffiatoio indica i locali con un orto di proprietà, la Chiave quelli dove si può anche dormire, il Formaggio è usato per quelli che propongono una selezione di prodotti caseari di qualità, la Bottiglia per un locale dalla proposta di vini articolata, rappresentativa del territorio, con prezzi onesti e infine le 26 Chiocciole, dedicate ai locali più in sintonia con i princìpi di Slow Food. Inoltre ci sono caratteri speciali per indicare quali osterie aderiscono al progetto Alimentazione Fuori Casa dell’Associazione Italiana Celiachia e quali all’Alleanza tra i cuochi e i Presìdi Slow Food, cioè dove si utilizzano regolarmente nei menù almeno tre Presìdi della propria regione.