– di Antonio Trentin –
Hike. Ahead. Gee. Haw. Easy. Whoa. Stay. Se passeggiando, ciaspolando o sciando nella piana dei laghi di Fusine, sotto le creste rocciose del Mangart e del Pizzo del Mezzodì, si sente dentro il bosco dare comandi così – in un misto di inglese e eschimese inuit – si è nel posto giusto.
Sbucheranno tra un attimo gli husky alaskani di Ararad Khatchikian. Animali dall’aspetto semplice e sostanziale, che hanno lasciato a casa fratelli e sorelle, latranti per non essere a spasso. Se non è inverno, staranno tirando “al guinzaglio” i conduttori (anzi, no: a condurre sono loro, i cani): fanno insieme, cane e umano, dog-trekking. Se c’è la neve, saranno in muta a tirare la slitta di un musher già esperto o di un neofita curioso dello sled-dog. In ogni caso, una meraviglia guardarli.
Khatchikian è un vero personaggio. I telespettatori appassionati di avventura in poltrona l’avranno visto su diversi canali. Di padre armeno e madre italiana, in gioventù studiava da medico, ma finì con l’appassionarsi improvvisamente ai cani da slitta, dopo aver visto correre il fratello Armen nella Iditarod, 1860 chilometri su slitta in Alaska.
L’ha fatta più volte anche lui, quella corsa da mito, da musher, cioè conduttore, tra i più famosi d’Italia e d’Europa. Nella valletta di Fusine, quasi al confine italo-sloveno, ha allevamento e scuola (www.ararad.net) con la moglie Monica pure titolatissima in sled-dog. Ci vanno gli esperti del settore, ci vanno i manager per imparare dagli husky a “fare squadra” e ci vanno i dilettanti allo sbaraglio canino, bambini compresi. Il posto è il clou delle curiosità della zona: prenotarsi per provarci, perché quando è stagione giusta (bel tempo e buona neve oppure agosto vacanziero) l’affollamento è sicuro.
I laghetti e la gastronomia. Fusine ha due specchi d’acqua piccoli e deliziosi nella piccola convalle che s’innesta sulla via che va in Slovenia (nella foto di Marco Milani-Turismo FVG).
D’estate chi non teme il freddo riesce a fare il bagno in quello fornito di spiaggetta alpina: ottimo modo per rinfrescarsi dopo un’escursione tra i grandi massi erratici che furono spostati dalla fine-glaciazione, 10-12 mila anni fa, e che sono tra i più grandi d’Europa, fino a 30 mila metri cubi.
D’inverno – dopo qualche bell’anello con le racchette ai piedi tra gli abeti rossi “di risonanza” usati anche per fabbricare strumenti musicali – il rifugio migliore è la baita del laghetto inferiore, che manda profumi di triplice gastronomia montana italo-austro-slava: gnocchi di zucca carnica, gulasch, spätzle con il formai frant fermentato, capriolo e polenta, luganega con le verze, sachertorte reinterpretata alla rustica.
Dove il confine unisce. Tarvisio è ubicato a pochi chilometri dall’angolo più a Nord Est del paese. Anzi: dal triangolo tra le Alpi Giulie dove si incrociano i confini di Italia, Austria e Slovenia (www.tarvisiano.org) e dove ci si può spostare tranquillamente in bici. D’inverno per lo sci e d’estate per le passeggiate la meta principale della zona “in quota” è il Monte Lussari, da secoli sede di un frequentato luogo di pellegrinaggio (www.santuariodelmontelussari.it/).
Italiano solo da dopo la Grande Guerra, tanto che dal punto di vista idro-geografico si colloca nell’area centro-europea in quanto i suoi corsi d’acqua si gettano nella Drava e nel bacino danubiano, l’abitato dell’odierno Tarvisio era importante già nel primo millennio avanti Cristo.
In epoca preromana, per i suoi giacimenti minerari e per le correlate attività artigianali sviluppate da una tribù celtica (i Taurisci, da cui il suo toponimo), Tarvisio ebbe un ruolo nevralgico nei commerci e nei traffici, per la propria posizione di raccordo fra mondo continentale e mondo mediterraneo.
Divenne sede di un importante mercato, la cui storia si è evoluta fino alla moderna costruzione di un singolare, grandissismo mercato coperto nel centro del paese, una struttura con più di cento piccoli negozi di abbigliamento e pellami che, in tempi passati, costituì una specie di centro commerciale ante litteram. Vi tengono bottega, insieme a qualche “cinese del made in Italy”, gli eredi dell’antica tradizione di scambi locale e i successori stanziali dei molti militari del Sud Italia passati per le caserme di confine.
(8 dicembre 2016)