– di Antonio Trentin –
Il verde intenso degli abeti e dell’erba dei pascoli. Un recinto di stoan-platten chiare, memoria di un parlare e di un vivere lontani. Un tronco esile, primaverile, senza ancora il fogliame. E un uscio socchiuso, in legno vecchio, disegnato surrealisticamente sulla foto scelta per fare da copertina. Dietro ad esso l’idea di un sentiero che porta dentro i luoghi e le storie dei Sette Comuni.
Si presenta così “La Porta del Bosco”, ultimo testo di Paola Martello, autrice appassionata della montagna da cui viene la sua famiglia, messasi “sulle tracce delle leggende cimbre” da ritrovare con pazienza e buon passo, cercandole e proponendole ai moderni camminatori attraverso 28 “percorsi sull’Altopiano di Asiago” (sottotitolo delle 137 pagine del libro di Altra Definizione Edizioni) scanditi dalla toponomastica di antica origine alto-tedesca.
Lungo le vallette che salgono in quota, intorno agli affioramenti calcarei e alle radure prative, in fondo alle caverne e alle voragini carsiche si affollano – ritrovati dalla Martello – i racconti cresciuti per un millennio nella memoria popolare, quelli un tempo raccontati dalle nonne nelle stalle dei filò invernali e oggi ritornati favole buone anche per i bambini contemporanei.
Qualche sito e qualche storia sono noti anche ai meno esperti di passeggiate altopianesi: l’Altaburg di Rotzo con l’amore impossibile tra la regina Ostera e il giovane Peldric, e lì vicino l’Altarkhnotto dove i nanetti nascondevano gli ori; la spelonca delle Zeelighen Baiblen sotto Mezzaselva dove le Beate Donnette si rifugiavano dopo aver fatto le buone fatine; il Giacominerloch tra Cesuna e Canove, teatro di un’altra storia d’amore.
Ma l’andar per sentieri di Paola Martello, da un toponimo “cimbro” all’altro, riscopre luoghi, vicende e personaggi di una tradizione che non va perduta: i Tagheloch-Tagarloch-Taghelok sparsi nei boschi delle zone alte, rifugi di cornacchie e inquietanti racconti; la Stonhaus di Mezzaselva, petrosa casa dell’Orco; l’Hèmmara di Val Martello (da cui prende origine il cognome dell’autrice) abitata dalle Strione dai nomi demoniaci di Mara, Druda e Klaga; il monte Katz di Camporovere dove viveva lo Jigerjäger; la contrada Laben di Gallio dove le pozze-abbeveratoi per le mucche ospitavano i Basilischi che pietrificavano che li guardava; il Ramestòn di Santa Caterina di Lusiana, valletta popolata dai corvi e dalle anguane.
(da Il Giornale di Vicenza del 15 aprile 2019)