– di Antonio Trentin –
Prima spiaggia storica del turismo mitteleuropeo – dove andarono ai bagni e alle terme marine la nobiltà asburgica e Sigmund Freud – Grado, un tempo isolata tra le lagune adriatiche, aggiunge alla sua vocazione balneare la ricchezza ambientale e architettonica del piccolo labirinto di calli e campielli che si infittiscono intorno al prezioso campo dei Patriarchi.
Quest’ultimo titolo fu quello dei prelati che si stabilirono qui, tra gli isolotti e le barene, in fuga dall’ormai post-romana Aquileia e dalle scorrerie dei Longobardi intorno al 570.
Erano destinati a rimanere sui poco ospitali lidi gradesi per sei secoli, autorevoli e potenti in quanto titolari del massimo livello gerarchico dell’amministrazione ecclesiastica medievale nel loro territorio – e inizialmente anche indipendenti dal papa romano – fino al trasferimento a Venezia (XII secolo) della sede patriarcale. E comunque anche nella Laguna i patriarchi avrebbero poi mantenuto ancora a lungo, fino al XV secolo, la gloriosa denominazione antica: prima di diventare “de San Marco” i patriarchi della Serenissima furono a lungo “de Grado”.
Furono dunque gli arcivescovi aquileiesi diventati patriarchi a Grado – eredi di conoscenze importanti d’arte ed edilizia – a far costruire i tre bellissimi edifici che raccontano quanto importante fu il “castrum gradense”, fortificato nel V-VI secolo per far fronte agli attacchi degli invasori barbarici.
Sono il battistero e la basilica di Santa Maria delle Grazie e la basilica di Sant’Eufemia, tre esemplari illustri dell’arte costruttiva paleocristiana che grandeggiano in un tessuto urbano punteggiato di frammenti di iscrizioni latine,di resti scultorei vecchi di un millennio e mezzo, di case medioevali – di cui ben s’intravvedono gli stadi edilizi successivi – coronate da camini caratteristici che segnano il profilo dei tetti.
Il percorso di visita – pochi passi dopo l’ingresso nel centro storico – fa superare i resti della basilica della Corte (edificata a partire dal IV secolo e poi abbandonata) per arrivare al campo del Patriarca Elia, affiancato dal lato meridionale di Sant’Eufemia, la cattedrale, sul cui campanile medioevale svetta l’Anzolo segnavento, il San Michele Arcangelo in rame donato dai Veneziani nel 1462.
La basilica, dove ebbero sede i patriarchi, conserva opere illustri come il duecentesco ambone esagonale, che riusa elementi romani; la “pala d’oro”, battuta e sbalzata dagli argentieri veneziani su commissione del patrizio veneziano Donato Mazzalorsa nel 1372; e l’affresco del Cristo in Gloria di età gotica.
L’architettura basilicale poggia sui colonnati che dividono le navate alzandosi dal vasto mosaico pavimentale. Dall’abside centrale si apre la cappella che fa da mausoleo per Elia, patriarca fondatore. In una vetrina ricavata nella parete, è esposto il tesoro originario della chiesa, fatto di rare oreficerie e argenterie dei secoli VI e VII.
Sul lato orientale della basilica, oltre un piccolo giardino, un lungo portico fa da lapidario per le epigrafi e le sculture che si distribuiscono attraverso i secoli. Sul lato settentrionale, invece, si alza la piccola mole ottagonale del battistero, anch’esso della seconda metà del VI secolo.
All’interno, intorno alla vasca ottagonale per il battesimo a immersione, restano visibili pochi tratti del pavimento a mosaico, mentre all’esterno sono collocati grandi sarcofaghi romani in marmo del II e III secolo.
Nel campo dei Patriarchi, terza costruzione da ammirare è la chiesa di Santa Maria delle Grazie – la cui statua è da secoli oggetto di culto devotissimo – iniziata già prima che la cattedra ecclesiastica muovesse da Aquileia a Grado e caratterizzata da una particolare struttura ad abside interna.
La stratificazione edilizia è ben testimoniata dal doppio livello della pavimentazione: l’altare e la navata centrale sono quelli della basilica fatta costruire dal patriarca Elia, mentre la navata destra e parte dell’abside, con i mosaici a motivi geometrici, risalgono alla precedente edificazione, circa un metro più in basso.
Fuori dal nucleo storico, in venti minuti di barca dal molo sul Canale della Schiusa si va a Barbana, isola formatasi nei secoli altomedievali quando l’Adriatico disegnò la laguna gradese.
Al ricordo di qualche imponente mareggiata è legato il culto della Madonna che il patriarca Elia istituì presso un già esistente romitaggio monastico, a ricordo del ritrovamento di un’immagine miracolosa. L’attuale santuario – che conserva tracce dei precedenti – è meta in luglio del Perdòn de Barbana, processione votiva di barche imbandierate che seguono la Battella che trasporta dalla cattedrale la statua della Madonna degli Angeli.
Info: www.comunegrado.it – www.turismofvg.it
(17 giugno 2017)