– di Antonio Trentin –
Quando nel Cinquecento papa Sisto V – marchigiano di Grottammare e formatosi in teologia a Fermo – elevò la chiesa principale fermana al rango di cattedrale, definì così, nella sua bolla firmata a Roma, l’identità ambientale della città alla quale rendeva riconoscenza: «Situata su un colle di aere saluberrimo, di singolare amenità nel cuore del Piceno, vicino al seno dell’Adriatico e non lontano dai monti Appennini».
Questa descrizione è perfetta per un luogo che racchiude in sé molte delle caratteristiche tipiche del Centro Italia: “quinci il mar da lungi” – come Giacomo Leopardi avrebbe potuto scrivere per Fermo che vede l’Adriatico verso Porto San Giorgio – e il monte verso l’interno, con il profilo dei Sibillini che rappresentano l’impronta orografica delle Marche. E poi un agglomerato disteso lungo il crinale collinare, con un tessuto viario vivace, segnato dalle viuzze selciate, dai maestosi palazzi medievali, dalle eleganti dimore rinascimentali e barocche, e da numerose chiese, tra cui le più interessanti sono quella del Carmine e quella di San Francesco. A vigilare sulla piazza del Popolo è la statua imponente proprio del pontefice amico.
LE CISTERNE ROMANE. In ordine cronologico, le architetture storiche visitabili iniziano con l’impressionante serbatoio che alimentava la parte mediana e principale della città “colonia romana di ferma fede” dal 264 avanti Cristo.

Per scoprire le Cisterne romane basta percorrere la via a sampietrini che scende dalla piazza centrale fino all’ex-convento di San Domenico e al suo bel portale. Lì accanto, si accede al sottosuolo passando per la prime sale del nuovo Museo Archeologico in via di allestimento.
Situata poco discosto dall’area dell’antico foro romano, sotto le case medievali e il complesso dei domenicani, l’imponente struttura interrata e coperta di quasi 2200 metri quadrati si compone di trenta vani disposti su tre file parallele. Qui le autorità romane immagazzinavano l’acqua per rifornire le numerose fontane pubbliche e qui l’acquedotto ancora funzionava pochi decenni fa. Le pareti del vastissimo serbatoio rivelano le tecniche costruttive romane e i materiali utilizzati: opus caementicium per i muri, intonaco impermeabile chiamato opus signinum, tubature di piombo, zone di depurazione e pozzi di aerazione.
IL DUOMO. Dall’alto del piazzale del Girfalco si può ammirare la geografia e la bellezza della città. Qui si erge la chiesa principale, dedicata alla Madonna Assunta, la cui festività è celebrata con una Cavalcata che risale a mille anni fa, ma che è stata recuperata solo da trent’anni a questa parte.

L’asimmetrica facciata duecentesca è in pietra, una rarità per la zona, mentre il rosone è del secolo successivo. L’interno è settecentesco, ma nei pressi dell’altar maggiore un pavimento vetrato lascia scorgere i resti del mosaico absidale che fu della chiesa paleocristiana, secolo V.
Accanto al duomo, il Museo Diocesano custodisce opere di grande valore, tra cui una casula realizzata con un tessuto arabo del XII secolo, appartenuta a san Thomas Beckett; questa giunse a Fermo come dono della madre del santo inglese al vescovo dell’epoca. Inoltre, vi si trova un manoscritto del XIII secolo, il messale “De Firmonibus”, decorato nel 1436 dal miniatore Giovanni di Ugolino da Milano. Tra le illustrazioni di questo messale, una rappresenta la processione rituale dell’Assunta e la Cavalcata, documentata già negli statuti cittadini del Duecento, riconosciuta tra le più antiche d’Italia.
IL PALAZZO DEI PRIORI. Per chi è in cerca di grandi opere d’arte, la Pinacoteca comunale, allestita nel maestoso Palazzo dei Priori, offre come pezzo forte un’opera di Peter Paul Rubens: un’Adorazione dei Pastori, dipinta per una chiesa di Fermo nel 1608 a Roma, durante il soggiorno italiano del pittore fiammingo che ebbe modo di apprezzare il Caravaggio del quale il dipinto fermano porta tracce formali evidenti.



L’elemento che più colpisce all’interno del Palazzo dei Priori è la monumentale sala della biblioteca Spezioli, realizzata nel 1688 – in quella che era stata la sala delle Commedie, piccolo teatro in legno – per volere di un cardinale d’origine fermana, Decio Azzolino. Il prelato pensò di dedicare l’opera all’ex regina di Svezia, Cristina, che si era convertita al cattolicesimo dopo il trasferimento Roma. Era stata sua grande amica (e probabilmente anche amante) e morì poco dopo di lui, a un anno di distanza dal completamento di questa magnifica struttura in legno che ospita quindicimila opere, soprattutto trattati di medicina, erbari e testi di cosmografia.
Tra le opere d’arte che adornano questo luogo, spicca un eccezionale mappamondo in noce e carta di Fabriano dipinta, realizzato nel 1713 dall’abate geografo Amanzio Moroncelli.
IL TEATRO DELL’AQUILA. Il teatro storico di Fermo si trova a pochi passi dalla piazza principale – inquadrata tra palazzi e portici di grande effetto scenografico – e, con una capienza di circa mille posti tra platea e 124 palchi distribuiti su cinque ordini, è considerato uno dei più importanti teatri del Settecento nell’Italia centrale.

Prende il nome dall’Aquila che compare due volte nello stemma del Comune di Fermo e vanta un vasto palcoscenico di 350 metri quadrati, progettato per offrire un’acustica di alta qualità. Con altri delle Marche, è inserito nella lista dei teatri riconosciuti recentemente dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
Per ulteriori informazioni: www.visitfermo.it/it