– di Antonio Trentin
Lonigo che si allunga morbida al piede dei Berici, scivolando verso la campagna che vede lontano l’Appennino. Che colleziona dimore storiche, chiese antiche, scorci romantici. Che ha non lontane le scenografie dei Castelli di Montecchio, delle ville palladiane della Riviera, delle mura di Este e Montagnana. Lonigo attraverso l’obiettivo di Claudio Portinari, fotografo della sua città, e le parole di Emilio Garon, “orgogliosamente padovano” d’origine, ma leoniceno da quarant’anni.
“Lonigo. Il borgo, le ville, il paesaggio, i dintorni” raccoglie oltre duecento immagini che spaziano tra le stagioni e i luoghi, cercando la documentazione storico-architettonica ma soprattutto l’impressione suggestiva e il dettaglio non scontato.
Portinari si esprime con il variare delle luci su città e panorami, con inquadrature di albe, tramonti e notturni che mettono talvolta a confronto lo stesso soggetto in momenti diversi del giorno e dell’anno. Garon accompagna il lettore attraverso la storia dei siti e delle vicende: il cinquecentesco Palazzo Pisani; la piazza delle contrattazioni di bozzoli per la seta e grani per i mulini e le semine; il Duomo di fine Ottocento e la vicina torre medievale; l’imponente villa dei principi Giovanelli; la Rocca Pisana disegnata da Vincenzo Scamozzi.
Macchina fotografica e memorie d’archivio riscoprono particolari curiosi e vicende caratteristiche: l’obelisco nella piazzetta dei francescani di San Daniele proveniente dall’antico cimitero del convento; le sopravvivenze edilizie storiche della Contrà de Sora, oltre il Guà, “covo di comunisti” ai tempi delle rivendicazioni dei salariati agricoli e delle filandiere, un secolo fa, prima del fascismo; il Circolo/Ippodromo che fu nell’Ottocento scenario delle corse dei cavalli e poi nel Novecento delle gare di speedway).
Gli scatti di Portinari sono sui chierichetti che accompagnano la processione agostana della Madonna delle Grazie; sulla Croce del monte Oselliera alzata nel 1913 per ricordare l’editto di Costantino che 1600 anni prima aveva reso libero il culto cristiano nell’Impero romano; sulle brume che avvolgono San Fermo o la neve che lo fissa nel bianco; sulle statue e i dipinti dei capitelli che marcano il territorio urbano e rurale.
Le descrizioni di Garon danno consistenza documentaria al viaggio del fotografo che nella seconda parte del volume inquadra ville, castelli e panorami tra Meledo (Villa Trissino), Monticello (la Favorita dei da Porto), Montecchio (la Cordellina), Altavilla (Villa Valmarana-Morosini), Montorso (l’altra villa dei da Porto, dove Luigi combattente convalescente scrisse la novella di Giulietta che ispirò Shakespeare), fino a spingersi al castello di Este e alle torri di Montagnana.